di Ennio Bassi
L’irresistibile ascesa di Alberto Genovese è una tipica storia da “furbetto del quartierino” di ricucciana memoria. Questo giovane imprenditore digitale, dipinto fino a qualche tempo fa come un genio della finanza, oggi arrestato per violenza sessuale, sequestro di persona e spaccio di droga, in realtà una certa propensione a vivere una vita borderline e a giocare con le norme l’aveva già ben evidenziata nel mondo degli affari ben prima di dedicarsi allo stupro di diciottenni. A studiare le sue performance imprenditoriali si rintracciano infatti una serie di comportamenti che definirli furbi è poca cosa. Vediamo di capire meglio come è avvenuta l’ascesa di Genovese e di quali falle normative ha approfittato per diventare milionario.
Alberto Genovese, ha iniziato la propria parabola di imprenditore digitale fondando Facile.it, il portale on line di comparazione di servizi: assicurazione, mutui, prestiti, energia, telecomunicazioni. La transazione che lo rese molto noto fu la cessione di Facile.it al fondo Oakley Capital, realizzata nel 2014. Cessione che gli fruttò il soprannome di “Mr. 100 milioni”, dal prezzo che ricavò per quella vendita.
Oggi Facile.it è un gruppo composto da diverse società che fanno capo a Facile.it Broker di assicurazioni Spa, a sua volta interamente posseduta da una società di diritto lussemburghese: Foscolo Midco Sàrl, controllata dal fondo di investimento EQT e partecipata dal fondo Oakley Capital. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione e Amministratore Delegato di Facile.it Broker è al momento Mauro Giacobbe, manager capace ed esperto (ex BCG) e uomo di fiducia di Alberto Genovese, entrato in Facile.it 11 anni fa e diventatone amministratore delegato nel 2014 .
Dopo aver venduto Facile.it, nel 2015 Alberto Genovese fonda una nuova startup chiamata Prima.it, che iscrive tempestivamente alla sezione A del RUI (Registro Unico degli Intermediari Assicurativi). Prima.it, spesso nominata come una compagnia di assicurazione, in realtà di fatto è un’agenzia di intermediazione assicurativa che distribuisce prodotti assicurativi nei rami Auto (autovetture, moto e furgoni, garanzie: RCAuto, Incendio furto, etc ) di terzi.
Prima.it in particolare fa brokeraggio utilizzando prodotti di Great Lakes Insurance Se (Munich Re), Wakam (La Parisienne) e Iptiq Emea P&C Sa (Swiss Re). Tutte compagnie internazionali di diritto Europeo, che operano in Italia in Regime di Stabilimento o di Libera Prestazione di Servizi. Un aspetto questo non secondario. E’ grazie proprio alla normativa Europea sulla distribuzione assicurativa nota come IDD, che Prima.it può operare come “manufacturer de facto”, ovvero, pur rimanendo un intermediario, definisce – di fatto come fabbrica assicurativa – i prodotti e le relative tariffe (i prezzi), mentre le compagnie di assicurazione sopra elencate si limitano a sottoscrivere i rischi.
Questo punto è significativo, è la prima grande furbata fatta da Genovese. Dato che la costruzione di una tariffa RCA auto in un mercato competitivo come quello italiano, caratterizzato da una forte discesa dei prezzi negli ultimi anni (-21% dal 2014 a oggi – fonte: IVASS Bollettino Hyper 2 – 2020) e in particolare nel segmento Diretto, dominato dai comparatori on line, è un’attività che richiede la disponibilità di informazioni molto precise, difficilmente reperibili nei data base di mercato disponibili in ANIA. Viene da pensare che Alberto Genovese possa aver tratto vantaggio dalla sua stretta relazione con il management di Facile.it, essendo quest’ultimo un comparatore on line che vive di questo tipo d’informazioni. E questa sarebbela seconda grande furbata di “Mr. 100 milioni”.
Con la necessità di supportare finanziariamente piani di crescita molto ambiziosi, Prima.it ha recentemente visto l’ingresso nel proprio capitale di importanti operatori internazionali quali Blackstone (con una quota del 26,8%) e Goldman Sachs (14,4%). Alberto Genovese comunque detiene tutt’ora la quota di controllo (50,6%) della startup.
Come annunciato dalla stessa agenzia di Genovese, sulla home page del proprio sito web, Prima.it ha recentemente raggiunto 1 milione di clienti in portafoglio – dopo soli 5 anni di attività – avendo segnato soprattutto nell’ultimo anno una crescita a 3 cifre. La svolta nello sviluppo del business è avvenuta di recente, in corrispondenza della commercializzazione di prodotti Rc Auto con la formula di non adesione al sistema di Risarcimento Diretto (in particolare con IPTQ EMEA P&C SA).
Come ci ha spiegato un esperto del settore, in un mercato come quello della RC Auto, dominato dalla competizione sul prezzo, i prodotti senza Risarcimento Diretto possono essere venduti a prezzi significativamente più bassi, poiché la non adesione al Risarcimento Diretto (consentita alle sole compagnie non basate in Italia) rappresenta un vantaggio economico. Questo vantaggio, la terza grande furbata di Genovese, è inaccessibile alle compagnie italiane che sono obbligate ad aderirvi.
Il Risarcimento Diretto infatti obbliga le sole compagnie di assicurazione di diritto italiano che operano nel segmento della RC Auto, a risarcire direttamente i propri assicurati, qualora subiscano un danno nel caso di sinistri “semplici” (massimo due veicoli coinvolti ed eventuali lesioni inferiori ai 9 punti percentuali di invalidità – la grande maggioranza dei sinistri auto). Risarcendo il proprio cliente per il danno subito, la compagnia da un lato offre un miglior servizio e dall’atro riceve come contropartita un importo forfetario dalla compagnia in torto. In moltissimi casi il forfait, stabilito di anno in anno per legge, non è sufficiente a ripagare interamente il danno pagato determinando una perdita economica.
Le compagnie di diritto europeo, che operano in Italia, non sono obbligate ad aderire al sistema di Risarcimento Diretto. Ne consegue che i soggetti (come IPTQ distribuito da Prima.it), che hanno la facoltà di non aderire al Risarcimento Diretto, ne traggono un vantaggio reale derivante da una asimmetria competitiva. A farne le spese sono le compagnie italiane e in ultima analisi, ancor più grave, i loro clienti, i quali se subiscono un danno da un assicurato di Prima.it si vedono costretti, non certo per loro scelta, a rinunciare al risarcimento diretto, dovendosi rivolgere alla compagnia “avversaria” come si faceva prima del 2007, con buona pace della rivoluzione digitale.
Il principale veicolo di distribuzione di Prima.it sono i comparatori on line di polizze, di gran lunga primo tra tutti Facile.it presso cui Prima.it oggi è il principale operatore per raccolta di Nuova Produzione, ovvero di nuovi clienti. Che Prima.it e Facile.it siano entrambe state fondate da Alberto Genovese è un fatto noto, così come noto è il fatto che Genovese non abbia più cariche amministrative in Facile.it dal 2014, meno noto è il fatto (verificabile sul web) che ancora nell’agosto di quest’anno Aberto Genovese era citato da EQT come membro del board che controlla la partecipazione di controllo in Facile.it (oggi il suo nome, comprensibilmente, non risulta più presente nella stessa pagina del sito EQT) . Dopo l’arresto, come dicevamo, Genovese ha perso le proprie cariche in Prima.it a favore di George Ottathycal Kuruvilla (ex BCG) – precedentemente General Manager, il quale è ora Presidente e Amministratore Delegato ad interim. Non sorprende più di tanto rilevare che Alberto Genovese e Mauro Giacobbe (Presidente e AD di Facile.it) siano i soci principali di G2 Spa fondata nel 2019 (dedicata all’ ideazione, sviluppo, produzione e commercializzazione di servizi on line di marketing), società di cui George Ottathycal Kuruvilla è consigliere e detentore di una quota azionaria di minoranza.
Le vicende penali che riguardano Genovese e che lo vedono imputato di crimini ripugnanti sono già nelle mani della magistratura, quindi c’è poco da aggiungere. Quello che qui interessa sottolineare è come le norme di diritto italiano che disciplinano una materia delicata come è quella assicurativa abbiamo maglie così large e veri e propri buchi dove un Genovese qualsiasi si possa infilare arricchendosi a danno delle compagnie assicurative che invece operano nel rispetto delle normative nazionale. Vere e proprie furbate che per altro favoriscono quelle compagnia estere che penetrano il nostro mercato senza doverne rispettare regole e fisco. Vedremo se una politica alla ricerca drammatica di nuove risorse, e magari animata da un minimo senso di equità, riuscirà a disciplinare meglio questa materia oggi esposta ai mille furbetti che operano nel quartierino digitale.
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