di Martina Esposito

Le trattative, che proseguiranno nei prossimi giorni, puntano a un accordo su cessate il fuoco e scambio di prigionieri. Intanto l’IDF continua i raid sulla Striscia

Un primo passo in un’atmosfera definita “positiva” ha segnato l’apertura dei colloqui indiretti tra Hamas e i mediatori egiziani, supportati dal Qatar, per cercare di negoziare un accordo di cessate il fuoco a lungo termine e uno scambio di prigionieri con Israele. Lo riferisce Al-Qahera News, emittente vicina all’intelligence egiziana. Gli incontri si sono svolti lunedì al Cairo e proseguiranno martedì nella località turistica egiziana sul Mar Rosso, dove è già presente anche una delegazione israeliana.

Nel corso della serata, il presidente americano Donald Trump ha commentato i progressi parlando di «passi importanti accettati da Hamas» e ha previsto un accordo imminente: «Avremo un’intesa presto», ha dichiarato. Trump ha poi respinto le indiscrezioni su presunte tensioni con il premier israeliano Benjamin Netanyahu: «Non è vero, il clima è stato molto positivo». In un passaggio fuori tema, ha anche rivolto un attacco personale all’attivista ambientale Greta Thunberg: «Ha problemi di gestione della rabbia, dovrebbe farsi vedere da un medico», ha detto.

Negoziati in corso ma le bombe continuano a cadere

Per Israele, al tavolo negoziale è presente un team di medio livello, ma altamente operativo: tra i nomi figurano il vicedirettore del Mossad, il vice dello Shin Bet, il coordinatore per gli ostaggi Gal Hirsch, il generale Nitzan Alon, il consigliere vicino a Netanyahu Ophir Falk, il capo del COGAT Rassan Alian e diversi ufficiali delle Forze di Difesa israeliane (IDF). Manca però la cabina di regia politica: il capo del Mossad David Barnea, il ministro Ron Dermer e gli emissari della Casa Bianca, Steve Witkoff e Jared Kushner, sono attesi a Sharm nei prossimi giorni, quando i nodi tecnici saranno stati in parte sciolti.

Sul fronte Hamas, non è stato confermato se il capo negoziatore Khalil al-Hayya, visto lunedì al Cairo, sia già giunto a Sharm el-Sheikh. Tuttavia, diverse fonti interne al movimento islamista hanno fatto trapelare le principali richieste del gruppo: la liberazione dei cosiddetti “big seven”, detenuti simbolo della causa palestinese con pesanti condanne all’ergastolo. Si tratta di figure come Marwan Barghouti, Ahmed Saadat, Hassan Salameh e altri leader storici della resistenza. Israele, dal canto suo, ha già chiarito per bocca di Netanyahu che «i simboli del terrore, guidati da Marwan Barghouti, non saranno inclusi in nessuna fase dell’accordo». Esclusi anche i miliziani Nukhba, arrestati dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023. Secondo quanto trapela, Gerusalemme sarebbe pronta a rilasciare 250 detenuti con ergastoli sui 280 attualmente in carcere, oltre a 1.700 prigionieri arrestati dopo l’inizio del conflitto.

Mentre si lavora alla diplomazia, la guerra continua sul campo. L’IDF ha annunciato di aver colpito diverse cellule terroristiche pronte ad attaccare i militari israeliani nella Striscia di Gaza. «Le operazioni proseguiranno finché la sicurezza non sarà garantita», ha dichiarato un portavoce delle forze armate. La priorità, secondo un funzionario americano citato da Sky News Arabia, resta la liberazione degli ostaggi: «Questo punto può sbloccare l’intero processo». L’obiettivo, ambizioso e ancora incerto, è quello di arrivare a un’intesa concreta entro la fine della settimana.

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