Sergio Mattarella è l’uomo dell’anno 2018. La redazione di buongiornonews.it lo ha scelto senza esitazioni considerandolo la personalità che maggiormente ha contribuito al benessere del paese in un anno così complicato. Molte le ragioni a sostegno di tale scelta. Le modalità con cui ha gestito la crisi post elettorale, assumendosi responsabilità e rischi e fronteggiando, lui giudice costituzionale, con fermezza ma anche con garbo e paterna condiscendenza un Luigi di Maio che un giorno ne chiedeva l’impeachment, senza avere cognizione giuridica di quel che invocava, e il giorno dopo gli esprimeva eterna gratitudine per aver dato il via libera al Governo Conte. Quell’equilibrio nel dire no a Paolo Savona come ministro dell’economia, nel timore che ciò causasse una ulteriore accelerazione centripeta dall’Europa, per poi accettare la sua nomina a ministro degli affari europei a riprova che il suo diniego non fosse un fatto personale e un implicito atto di disistima nei confronti dell’economista ma soltanto una scelta politica di equilibrio attuata nell’interesse dell’Italia. Sergio Mattarella arriva a poco più della metà del suo mondato con una popolarità al 65 per cento, ben più alta di tutti gli altri politici, semplicemente perché somma alcune qualità – competenza, equilibrio e senso delle istituzioni – che dovrebbero essere il minimo comune denominatore per chi gestisce la cosa pubblica ma che invece nella classe dirigente di oggi stentano a rinvenirsi. Nella generazione politica precedente a quella di Mattarella ai vertici dello stato era impossibile giungervi senza competenza. Forse non tutti avevano il medesimo senso delle istituzioni e l’equilibrio pure talvolta mancava. Ma la competenza no. I Napolitano, i Cossiga, i Ciampi, i Pertini ma anche gente come Moro, Spadolini, Andreotti, Craxi e tanti dei protagonisti della storia politica del 900 era tutta gente che aveva costruito la propria storia politica grazie ad una granitica preparazione, accompagnata da un altrettanto importante apprendistato. Nell’era liquida che viviamo dove il dire conta spesso più del fare, il sapere meno del sembrare una personalità solida e strutturata come è quella del Presidente in carica svetta in modo netto. E questo gli italiano lo hanno capito. Una comprensione che in qualche modo consola. E’ una testimonianza di stima, quella nei confronti di Mattarella, che dà speranza perché induce a credere che anche in una società dove tutto è sempre più veloce ed effimero c’è ancora spazio per la qualità che deriva dalla conoscenza e dal merito. Mattarella è l’uomo dell’anno 2018 perché incarna tutto questo. Perché il suo modo d’essere ci dice che per comandare bisogna sapere, per gestire le cose di tutti bisogna avere in testa prima gli altri e poi se stessi. Perché il suo operato quotidiano ci dice che lui sta sempre dalla parte giusta, dell’interesse comune che è quello della collettività. A tutto questo va poi aggiunto un qualche cosa che rende la presidenza Mattarella diversa da quelle che l’hanno preceduta. Una qualità di livello superiore che discende dalle caratteristiche dell’uomo e dalla sua storia personale. Sergio Mattarella è di Palermo, una città che, nel bene e nel male, segna. Quanti altri presidente europei hanno avuto un fratello trucidato dalla mafia? Quanti hanno visto questo fratello spirare tra le proprie braccia? Vedere gli occhi di un fratello che muore è una esperienza stravolgente che nelle persone comuni genera ira e voglia di vendetta. Ma Mattarella discende da una famiglia animata da solidi principi morali d’ispirazione cattolica. Era così il padre Bernardo era così l’adorato fratello Piersanti. Sergio Mattarella si è laureato in giurisprudenza con 110 e lode discutendo una tesi con questo titolo “La funzione dell’indirizzo politico”. Mattarella si muove da sempre all’interno di questi confini: alti principi morali applicati ad un altrettanto alta e chiara funzione della politica. La vendetta di Mattarella sulla mafia passò per questa strada. Fu commissario della Democrazia Cristiana siciliana e fu ai congressi e nelle urne che sconfisse e poi cancellò gli “amici” di partito alla Vito Ciancimino. A distanza di trent’anni oggi può sembrare facile, quasi come se fosse un naturale ricambio politico. Ma così non fu. Quello era il tempo delle stragi mafiose, dei servizi di stato deviati, delle bombe a Roma e Firenze. E Mattarella era tra i più esposti. Soltanto chi ha vissuto sotto minaccia può capire cosa può significare prendere posizione e colpire fortemente gli interessi della mafia come fece Mattarella. E quel piglio, quella statura politica solida, lucida, indipendente il Presidente non l’ha mai cambiata. A rileggere il suo curriculum si ritrovano battaglie durissime che il tempo ha forse un po’ sbiadito ma che rimangono impresse nella storia repubblicana. La pulizia cui fu chiamato a fare in casa democristiana dopo lo scoppio dello scandalo della loggia massonica P2, oppure l’opposizione alla “legge Mammì” che di fatto cristallizzava il duopolio Rai Mediaset a tutto vantaggio di un Silvio Berlusconi all’epoca pupillo e protetto di Bettino Craxi, sono battaglie che rimangono epiche. Insomma l’atteggiamento umano e politico di Sergio Mattarella è sempre il medesimo, ma corroborato anno dopo anno da una forza discendente dalla necessità di dovere fronteggiare nemici come la mafia o le logge massoniche che comandavano l’Italia. Per un uomo così, per un professore universitario, un giudice costituzionale, deputato per 25 anni e più volte ministro cosa volete che sia affrontare la coppia Salvini di Maio? Potrebbe sembrare un gioco da ragazzi, ma non lo è. Lega e 5 Stelle sono il frutto dei tempi che viviamo e rappresentano un pezzo importante del paese che, a torto o a ragione, li ha votati dando loro il mandato per governare. Mattarella, avendo ben chiaro tutto questo, è riuscito nel difficilissimo compito di rispettare il mandato popolare, quindi l’istituto elettorale che è la base della nostra vita democratica, ma allo stesso tempo facendo in modo che l’operato di questo governo restasse all’interno dei confini delle regole nazionali ed europee e soprattutto che operasse il più possibile nell’interesse comune. E questo francamente non era né facile, né scontato. Quindi se oggi tutti possiamo guardare con un pizzico di serenità maggiore a questo 2019 ed avere ancora un po’ di fiducia nella politica e nel futuro del nostro paese lo dobbiamo a uomini come Sergio Mattarella il cui merito principale è ricordare con il suo agire quotidiano che la politica rimane l’alimento più importante del nostro futuro. Winston Churchill diceva che “L’argomento migliore contro la democrazia è una conversazione di soli cinque minuti con l’elettore medio”. Il Presidente della Repubblica pur dialogando quotidianamente con populisti di varia umanità e natura rimane l’argomento migliore che abbiamo per difendere la buona politica.